NOI, QUELLI DELLA PAROLA CHE SEMPRE CAMMINA
Museoteatro della Commenda di Pré, Gênova
Dal 03/09 al 3/10/ 2010
(catalogo éditions ContemporArt)
BANDITI DELL'ARTE, in tutta la sua forza poetica, è la prima grande mostra dedicata all'eccezionale creazione italiana. Apre una porta al particolare universo di individui che hanno creato al di fuori di qualsiasi sistema artistico ufficiale o enti culturali riconosciuti, dalle collezioni di Cesare Lombroso alla creazione contemporanea. Nella prima parte, BANDITI DELL'ARTE presenta opere provenienti da collezioni storiche psichiatriche e carcerarie: il Museo Lombroso e il Museo di Antropologia di Torino, l'Ospedale San Lazzaro di Reggio Emilia (Centro di Documentazione per la Storia della Psichiatria). Tra queste opere ancora riservate, Il Nuovo Mondo di Francesco Toris (1863-1918) ha senza dubbio, in questa mostra, la forza di un paradigma. La sua dimensione individuale, utopica, imperiosa caratterizza lo spirito dei banditi dell'arte. Dall'entrata in vigore della legge Basaglia nel 1978 volta alla deistituzionalizzazione dell'ospedale psichiatrico, la creazione marginale ha trovato rifugio in laboratori senza intenzioni terapeutiche come Tinaia a Firenze, Asfodelo a Parma, Blue Cammelo a Livorno o Manica Lunga a Sospiro (Cremona) .
In questo contesto, Franco Belluci, Giovani Galli, Tarcisio Merati, Francesco Borrello, Marco Raugei, tra gli altri, hanno potuto realizzare il miracolo dell'opera. La seconda parte della mostra è dedicata a rappresentanti dell'arte popolare contemporanea che, senza procedere dal radicale collasso mentale degli autori della brut art propriamente detta, sono del tutto indipendenti dal sistema delle belle arti
per creare una protesta culturale e istituzionale. Le porte sequestrate di Francesco Nardi, i dipinti di Pietro Ghizzardi, le sculture lignee di Rosario Lattuca e Luigi Buffo, i bassorilievi in ​​pietra di Nello Ponzi e Giuseppe Barbiero sono le testimonianze più significative. Relativamente a un'etnologia immaginaria, l'opera di Luigi Lineri, raccogliendo e classificando sistematicamente pietre, scuote il concetto di installazione. Allo stesso modo Giovanni Bosco e Melina Riccio creano la propria street art al di fuori di ogni orchestrazione collettiva, iscrivendo la loro parola interiore sui muri della città. La creazione spontanea si esprime anche in costruzioni e ambienti fantastici. Impossibili da spostare o duplicare, sono presenti attraverso testimonianze fotografiche o video, l'unico mezzo in grado di registrare e preservare la memoria di queste architetture a cielo aperto.